AULULARIA: un esercizio di riscrittura
In occasione delle vacanze di Natale, gli alunni di III B si
sono ricreati lo spirito, leggendo due commedie a scelta, tra Aulularia e
Amphitruo di Plauto e Adelphoe e Heautontimoroumenos di Terenzio, su cui hanno,
poi, svolto delle riflessioni guidate, attraverso la compilazione di schede di
lettura e analisi.
Tra le domande ve n’era anche una che chiedeva di proseguire l’Aulularia,
opera giuntaci mutila, con un finale a piacere.
Ecco come ha riscritto e concluso l’Atto V Niccolò Ditrani,
riuscendo bene a riprodurre, secondo noi, la comicità plautina, di situazione e
di parola, attraverso l’imitazione dei doppi sensi, le esclamazioni, una bella
bastonatura, gli epiteti ingiuriosi, le battute brucianti, le allusioni di
carattere sessuale e persino un finale a sorpresa.
Vi ricordiamo brevemente la trama della parte a noi pervenuta
integra della commedia in questione, fino al termine dell’Atto IV.
Augurandoci di avervi suggerito una buona e piacevole lettura.
Augurandoci di avervi suggerito una buona e piacevole lettura.
Il vecchio Euclione ha scoperto nel suo focolare una pentola
piena d'oro, nascosta da suo nonno, e vive nel costante terrore che gli venga
sottratta. Sospetta, tanto per cominciare, della sua vecchia serva Stafila.
Anche quando il suo ricco vicino Megadoro - su consiglio di sua sorella Eunomia
- viene a chiedergli in sposa sua figlia Fedria, Euclione sospetta che si
tratti di una manovra per scoprire il suo oro; alla fine, però, accetta,
precisando che Megadoro prenderà Fedria senza dote e pagherà tutte le spese
della festa di matrimonio, prevista per il giorno stesso. Euclione non sa che
sua figlia è stata violentata da Liconide, figlio di Eunomia e quindi nipote di
Megadoro; è rimasta incinta, e Liconide vorrebbe sposarla. Intanto è arrivato
Congrione, il cuoco chiamato per cucinare il banchetto nuziale, e Euclione,
sentendolo più volte pronunciare la parola "pentola", pensa che sia
un ladro e lo malmena, ma poi si rende conto della paranoia e lo lascia
continuare a cucinare. Per sicurezza, però, Euclione decide di spostare la
pentola d'oro nel tempio della dea Fede. Strobilo, servo di Liconide, vede
Euclione nascondere la pentola e fa per prenderla, ma, prima che possa farlo, Euclione ritorna in scena, perquisisce Strobilo e poi decide di spostare la
pentola nel bosco sacro al dio Silvano; questa volta il servo, che l'ha seguito
anche lì, ruba la pentola e la nasconde in casa di Megadoro. Liconide, intanto,
con l'aiuto della madre Eunomia, ha spiegato a suo zio Megadoro la situazione
ed ha ottenuto il consenso a chiedere in sposa Fedria. Quando va a parlare con
Euclione, tuttavia, il vecchio è disperato perché si è accorto della sparizione
della pentola, e tempesta di domande Liconide, il quale pensa che il vecchio
stia parlando di sua figlia e della sua gravidanza.
AULULARIA
ATTO V
Scena I
Strobilo, Liconide
STROBILO – Ammazzami pure! Per Ercole, da me non l’avrai
mai!
LICONIDE – Puoi scommetterci che lo farò, se non mi dirai
subito dove hai nascosto il tesoro!
STROBILO – Va bene, va bene, basta percuotermi con quella
mazza! E’ sotterrato proprio dietro quell’albero.
LICONIDE – Grazie, Strobilo! Hai fatto la scelta migliore.
Ora seguimi: Euclione non vede l’ora di incontrarti!
STROBILO – O, misero me!
Scena II
Detti, Euclione
EUCLIONE – Tu, brutto mascalzone!
Sapevo che eri stato tu! Ridammelo subito!
STROBILO – Devi stare più
attento, però: lo dai via troppo facilmente!
EUCLIONE – Ancora questi doppi
sensi? Basta, non ho voglia di scherzare! Ti citerò in giudizio!
LICONIDE – Ecco, signore, il tuo
tesoro.
EUCLIONE – Oh, è tutto intero!
Grazie, Liconide! Mi hai colmato di gioia! E perciò ti concedo la mano di mia
figlia.
LICONIDE – Grazie, Euclione! Ma
come facciamo per mio zio Megadoro?
EUCLIONE – Tranquillo, gli diremo
che la ragazza ha l’herpes.
LICONIDE – Ma… non lo ha davvero,
giusto?
EUCLIONE – E chi può saperlo
meglio di te, Liconide?
LICONIDE – Va bene, allora vado a
preparami per il rito.
EUCLIONE – Prima di andare, devo
chiederti di non dire mai e poi mai a nessuno dell’esistenza di questo tesoro.
LICONIDE – Certo, Euclione! Terrò
la bocca chiusa.
Scena III
Euclione
EUCLIONE – Questo tesoro non è
più al sicuro, in nessun luogo. Tutti cercano di rubarmelo: a casa c’è quella
vecchia megera di Stafila con i cuochi, non posso affidarlo neanche alla Fede,
che mi ha tradito! Il luogo più sicuro è dentro di me, dentro il mio stesso
corpo. Mangerò l’oro, tutto, fino all’ultima moneta, a costo di scoppiare! E
quando usciranno dal buco di sotto, le rimangerò! E ancora e ancora, fin quando
non me le porterò nella tomba, queste maledette monete!
Niccolò Ditrani, III B
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