CRIMINA: ALCUNE TIPOLOGIE DI REATI ANTICHI E MODERNI



Studiando i genitivi di colpa e pena, ci è venuto in mente di approfondire alcuni crimini attraverso una ricerca in campo giuridico. Possiamo riconoscere varie tipologie di accusa, tra cui alcune ancora molto attuali:


·     ambitus: (cfr. ambire, andare intorno). È un termine latino che indicava l'abitudine dei candidati di passeggiare al Campo Marzio o presso il Foro, al tempo della repubblica al fine di sollecitare i voti degli elettori e farsi, così, propaganda elettorale per le elezioni alle cariche pubbliche. Comprendeva qualsiasi atto idoneo a realizzare brogli elettorali: la compera di voti, il voto di scambio, la corruzione, persino l'organizzazione di feste e banchetti allo scopo di procurare voti ad un candidato.
E' chiaro che
il diritto penale romano mirava a tutelare quanto più intensamente possibile la genuinità del voto popolare; al giorno d’oggi, accade, invece, sempre più di frequente che l’incitamento alla moralizzazione pubblica provenga ... proprio da feste e banchetti vari, ormai divenuti strumento principe e legale per il procacciamento di voti. 
Durante la repubblica, l
a pena comminata per tale reato fu gradualmente inasprita dalle varie leggi che si susseguirono; ciò evidenzia con chiarezza sia che esso fu considerato con crescente allarme dalla società romana, sia la difficoltà di reprimerlo, sia l'importanza e l'incidenza del medesimo. 
Diversamente, la legislazione imperiale, invertendo tale tendenza quale segno di una minore rilevanza attribuita al delictum in esame, portò ad un’attenuazione delle relative pene. 
Verso la fine dell’impero di Alessandro Severo la lex Iulia de ambitu già non era più applicata in Roma, dal momento che “la creazione dei magistrati apparteneva oramai alla cura del prìnceps e non al favore del popolo”. 

« Ma il Signore gli disse: «Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». 
Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato »   

·     Capitis: si tratta della pena capitale, la pena di morte. Il diritto romano la prevedeva, ma concedeva una speciale garanzia per i cittadini romani: una condanna a morte emanata in base all'imperium del magistrato non poteva essere eseguita senza concedere al condannato la facoltà di fare appello ai comizi centuriati per il tramite dell'istituto della provocatio ad populum.
Il primo Stato al mondo ad abolire legalmente la pena di morte fu il Granducato di Toscana il 30 novembre 1786, grazie anche alle idee di pensatori come Cesare Beccaria; tale giornata è festa regionale in Toscana. L'Italia l'abolì definitivamente nel 1948.
Un altro importante capitolo della storia della pena di morte viene scritto il 18 dicembre 2007, quando, dopo una campagna ventennale portata avanti dall'associazione Nessuno Tocchi Caino e dal Partito Radicale Transnazionale, da Amnesty International e dalla Comunità di Sant'Egidio, l'Onu approva una storica risoluzione su iniziativa italiana per la moratoria universale della pena di morte, ossia per una sospensione internazionale delle pene capitali.
Al giorno d'oggi, in alcuni ordinamenti giuridici è prevista per i soli reati più gravi come l'omicidio e l'alto tradimento; in altri si applica anche ad altri crimini violenti, come la rapina o lo stupro, o legati al traffico di droga; in alcuni paesi, infine, è prevista per reati d'opinione, come l'apostasia, o per orientamenti e comportamenti sessuali, come l'omosessualità o l'incesto.
La pena di morte è stata tuttavia abolita o non è applicata nella maggioranza degli stati del mondo mentre è ancora in vigore in altri (tra i quali, per esempio, la Cina, l'India, il Giappone e gli Stati Uniti).


·     Coniurationis:  è il delitto di chi partecipa ad una congiura: si ricordi, ad esempio, la famosa Catilinae coniuratio, resa celebre da Cicerone. In quell'occasione, Cicerone negò la provocatio ad populum ai congiurati, che furono condannati a morte, ma poi pagò l'illecito commesso con l'esilio.


·     Furti: nella sistemazione del diritto romano, si ha furtum, qualora qualcuno tenga nei confronti di una cosa, oggetto, o diritto reale altrui, un comportamento doloso, contrario alla volontà del titolare, lesivo di tale diritto reale e tendente ad assicurarsi un lucro. Questa è la definizione, famosissima, del giurista romano Paolo: "Furtum est contrectatio rei fraudolosa vel ipsius rei vel etiam usus eius possessionisve, quod lege naturali prohibitum est admittere". Una delle Leggi delle XII Tavole prevedeva la possibilità di difendersi dai ladri anche ricorrendo alla violenza estrema: “Si nox furtum faxit, si im occisit, iure caesus esto”; “Se avrà tentato di rubare nottetempo e fu ucciso, l'omicidio sia considerato legittimo” (Tav. VIII, 12.). In Italia, oggi, l’articolo 52 del Codice penale, che disciplina la materia, afferma il diritto all’autotutela di un domicilio privato, un negozio o un ufficio, autorizzando il ricorso a un’arma “legittimamente detenuta” per difendere “la propria o altrui incolumità” e “i beni propri o altrui a condizione che il rapinatore non desista e che vi sia pericolo di aggressione”. Infatti la reazione deve essere legittima ed è importante vi sia proporzionalità tra difesa e offesa.


·     Parricidii: Nel diritto romano, si intende più generalmente l'assassinio di genitori o parenti prossimi, che in epoca monarchica era giudicato dai quaestores parricidii. La parola "parricidio" risale a una deliberazione di Numa Pompilio dove, con la clausola "parricidas esto", reprime il crimine dell'omicidio di un parente, associando allo stesso reato l'omicidio di un uomo libero commesso con la volontà (da cui oggi deriva l'omicidio doloso). La pena stabilita comportava la consegna di un ariete alla famiglia del defunto.


·     Peculatus: consistente nell’appropriazione, da parte di un pubblico funzionario od anche di un privato, di cose pubbliche, sacre o religiose. Nell’ambito del peculatus rientrava anche l’alterazione di monete o documenti pubblici. La pena prevista era quella, gravissima, dell’esilio. Nel Codice Penale italiano, libro II, Titolo II, Capo I, che tratta dei delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione, colpevole di peculato è “Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio, il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria” (art. 314). Invece, il reato di concussione (dal latino tardo concussio «scossa, eccitamento», dunque «pressione indebita, estorsione») vede quale attore “il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità” (art. 317). L'abuso d'ufficio, infine, è quello compiuto da “pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico sevizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto” (art. 323).


·     Repetundarum: “estorsione”. Può anche rientrare nel peculatus. Indica il denaro estorto illegalmente da magistrati romani ai danni di provinciali, che doveva essere restituito: di norma (ma la pena poteva variare) nella misura del quadruplo. I primi casi noti di processi de repetundis sono quelli ricordati da Livio per l’anno 171 a.C. e si riferiscono al comportamento di magistrati romani in Spagna. Il caso più famoso, però, è quello che coinvolse il governatore romano della Sicilia, Verre, la cui accusa fu sostenuta da un giovane Cicerone.

Vae, puto concacavi me“
Le ultime parole di Claudio, secondo Seneca, Apocolocyntosis

·     Veneficii: “avvelenamento”. Sono noti i sospetti sorti in seguito alla morte improvvisa dell'imperatore Claudio, deceduto dopo aver mangiato un piatto di funghi letali, della specie Amanita phalloides, il 13 ottobre 54. Non è difficile pensare che sia stato avvelenato da Agrippina, anche se era ormai sicura della successione di suo figlio Nerone. Essa potrebbe aver desiderato vedere il figlio sul trono mentre era ancora abbastanza giovane per seguire i suoi consigli e le sue volontà. Morto Claudio, Agrippina e Nerone si preoccuparono di far sparire anche Britannico, figlio naturale di Claudio e aspirante al trono; questo evento testimonia l'implicazione di Agrippina nella morte dell'imperatore. 

Roberta Cardascia,
Francesco Dipierro,
III B

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