EDUCARE I GIOVANI ALLA LEGALITÀ

Pubblichiamo anche sulle pagine del nostro blog un interessante articolo già edito sulla rivista "Leaders time", anno 1, n. 2, dicembre 2018, della nostra Dirigente, la prof.ssa Marilena Abbatepaolo, a buon diritto ospite sulle nostre pagine in quanto ex alunna del Morea. 
Buona lettura a tutti!


ll concetto di ‘casa di vetro’, recentemente evidenziato dalla normativa sulla trasparenza/anticorruzione, riguarda la possibilità, esercitata da chi sta fuori, di vedere cosa accade all’interno della PA; tuttavia, esso deve mirare anche a modificare i comportamenti degli stessi dipendenti. Pertanto, ritengo sia necessario investire nella formazione del personale, nelle azioni di monitoraggio, ma ancor più nelle azioni di formazione al senso civico e alla legalità. Ciò deve avvenire a partire dalle scuole con il contributo sinergico degli altri Enti istituzionali presenti sul territorio.
Non è semplice definire percorsi formativi di legalità perché il rischio è la frammentarietà delle ipotesi progettuali. Allora sorge spontanea una domanda: come educare alla legalità? Nel tempo si è passati dall’educazione civica, all’educazione alla legalità, per giungere alla Cittadinanza e Costituzione e, più in generale, al concetto di cittadinanza attiva, che implica l’acquisizione di una serie di competenze indispensabili per esercitare il diritto-dovere alla cittadinanza attiva. Come DS, ritengo che l’educazione alla legalità dovrebbe partire dalla conoscenza della Costituzione per approdare ai valori del rispetto della persona umana e dell’altro, al rispetto dell’alterità, della diversità, ma anche al rispetto del sé e della natura come patrimonio comune.


E tuttavia, come possiamo fidarci dell’insegnamento che la scuola si sforza di fornire in un contesto socio-economico che toglie sistematicamente la fiducia nel principio stesso della legalità? Ci sorregge nel discorso l’art. 54 della Costituzione italiana: «Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi […]». Un articolo bellissimo, spesso dimenticato. Bellissimo perché parla di fedeltà e non semplicemente di fiducia. Fiducia è atteggiamento passivo: avere fiducia significa avere fede e la fede o la si ha o non la si ha; fedeltà implica un atteggiamento attivo e propositivo del soggetto. La fedeltà è un dovere che impegna tutti, non solo i politici, i dirigenti, ma anche i cittadini. Io credo che oggi il compito di ciascuno di noi, a seconda del ruolo svolto, sia proprio quello di restituire fedeltà alla Repubblica, perché soltanto così potremo anche ricostruire la fiducia.
La scuola ha questo dovere morale e deve compierlo formando il cittadino attivo, capace di costruire le regole e non soltanto di rispettarle. Ciò è possibile con lo sviluppo di competenze educativo-sociali e con l'esempio concreto di dirigenti e insegnanti, perché nessun divieto ha la forza di un buon esempio. Diceva bene il giudice Antonino Caponnetto, quando evidenziava la necessità di passare da uno Stato di diritto
allo Stato dei diritti ovvero uno Stato che avrebbe dovuto contenere in se stesso le garanzie di controllo per l’osservanza dei doveri, perché «la vera fonte dei diritti è il dovere. Se adempiamo ai nostri doveri, non dovremo andare lontano a cercare i diritti. Se correremo dietro ai diritti senza avere assolto i doveri, essi ci sfuggiranno come fuochi fatui. Se, invece di insistere sui diritti, ognuno facesse il proprio dovere, l'ordine regnerebbe immediatamente tra l’umanità»
(Gandhi).
Credo sia questa la nostra missione di educatori, di dirigenti, più semplicemente di cittadini. Una missione difficile, senza dubbio, ma non impossibile: compiere il nostro dovere, restituire fedeltà alla Repubblica e ricostruirne la fiducia.

Dott.ssa M. Abbatepaolo
Dirigente Scolastico


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