DAL POTERE GENERATIVO DELLA BELLEZZA ALLA VIVIBILITÀ URBANA


Martedì, 5 febbraio 2019 - Ancora grande cultura a Noicattaro, grazie ai Presidi del Libro ed ancora un moderatore d’eccezione, il direttore del National Geographic e di Le Scienze, il fisico e giornalista scientifico Marco Cattaneo


Ricordandoci che nel 2050 probabilmente due esseri umani su tre vivranno in città, Cattaneo chiede al fotografo Olivo Barbieri di parlare di vivibilità delle città e di bellezza. Allora cominciano a scorrere sullo schermo le superbe fotografie del progetto Site specific, elaborato dopo l’11 settembre, quando il fotografo ha cominciato a guardare il mondo intero come un’installazione temporanea. Tutte immagini di straordinaria bellezza, riprese in volo, di paesaggi antropici e non. Le tecnica applicata per gli scatti è quella del fuoco selettivo: come i tagli di Fontana sulla tela, il fotografo sceglie un particolare che lacera l’obiettivo, da studiare accuratamente per ricostruire l’intero. L’impatto emotivo è straordinariamente alto, perché restituisce ai nostri occhi da una prospettiva diversa paesaggi altrimenti scontati.


Il già noto psicologo Morelli, permeato di formazione classica, ci parla di percezione, della sensazione che si avverte di fronte alle foto di Barbieri di penetrare la realtà più di quanto si riesca a fare ad occhio nudo. Noi ci affidiamo sempre tanto all’intuizione e molto le dobbiamo, però attenzione ai suoi inganni. Abbiamo un sistema emozionale pre-volontario, pre-intenzionale, pre-linguistico, che ci aiuta nella vita di tutti i giorni, ma a volte inganna. Invece, se studiamo i fallimenti della mente, della percezione umana, probabilmente possiamo ricostruire una visione più precisa della realtà. Ogni atto percettivo è di per se stesso un atto creativo. Ciò che fa Barbieri, genio assoluto dell’obiettivo, è catturare per noi, attraverso l’ausilio della tecnica, qualcosa che da soli non vedremmo. Riscrive la realtà in un modo che noi non saremmo capaci di fare. E le sue foto ci mostrano ciò che dovrebbe essere: non è un mondo a misura d’uomo quello da costruire e conservare, ma a misura di terrestri: uomini, scimmie, api... Tutte le specie molteplici che popolano il pianeta. Sentirsi finalmente terrestri, forse, ci porterebbe a renderci conto delle effettive possibilità di costruire un ambiente che ci permetta di continuare ad esistere co-evolvendo con le altre specie. Noi, uomini e donne, siamo coloro che sanno e sanno di sapere: tuttavia, ciò non va visto in modo narcisistico, non ha senso recarne vanto. Si tratta di un’abilità come un’altra, come volare o correre a 100 km l’ora. 


In “Superorganismo”, Wilson e Holldobler studiano le formiche. È vero che esse hanno una grande capacità organizzativa, ma esprimono una routine, non possono non fare ciò che fanno, ne’ farlo in modo diverso. Noi, invece, possiamo dire di no. Insomma la grande domanda è: saremo in grado di diventare, non umani (in sé e per sé, facciamocene una ragione, non vi è nulla di positivo in ciò), ma davvero “terrestri”, conservando la nostra capacità creativa, intellettiva, edificatrice? Occorrono nuove immagini ed è questo che ci offre Barbieri. Attraverso le sue foto ci rendiamo finalmente conto che non siamo sopra le parti, siamo nel mondo, particole dell’universo, e prender atto di questo è l’unico modo per continuare a sopravvivere. 


Molte sue foto generano domande su qualcosa che lui considera importante. Tutto ciò che ha davvero valore produce domande, spesso senza risposta.

Cattaneo interloquisce, narrandoci una sua esperienza a Shanghai: un giorno, stanco di vedere sempre le stesse città modernissime, chiese alla sua guida di visitare un quartiere tradizionale. La guida rispose che ne stavano ALLORA costruendo uno fuori città. Questo sta a dimostrare quanto diversa sia la percezione dell’eredità e della tradizione nelle varie parti del mondo. Il massimo esperto di sostenibilità urbana è un cinese, già dotato di una visione di ciò che deve succedere tra 50 anni. Le nostre città, invece, sono cresciute in modo anarcoide, senza un progetto riconoscibile. E il moderatore si chiede: “Dove abbiamo sbagliato noi italiani?”.

Morelli invita a riflettere su cosa accadrebbe se si ponesse ad un campione di persone questa domanda: vuoi la guerra o la pace? Avremmo senz’altro il 100% di risposte positive, ma i comportamenti quotidiani sono diversi, spesso vanamente litigiosi e rissosi. Lo stesso ragionamento vale per la parola “tutela”: di per sé, è universalmente ammesso che abbia un significato positivo, però noi italiani abbiamo operato ritagliando pezzetti protetti di territorio ma, per il resto, non esiste armonia, spesso non vi sono limiti agli abusi. La cosiddetta tutela  del territorio porta ad una scissione accomodante: si proteggono solo isolati pezzetti dove si decide che lì giace la nostra memoria, per il resto si permette quasi tutto.

Che l’Italia, l’intero pianeta sia afflitto dalla sindrome del Titanic? Alla minaccia di iceberg sulla rotta si continua tranquillamente a ballare.
Houston ha segnalato che è tempo di mettere al risparmio almeno la metà del pianeta, ma l’umanità continua a rimuovere il problema. È stato detto da tempo che siamo entrati nell’era dell’antropocene: tutto ciò che accade sul pianeta è determinato dall’essere umano.  In “Il pianeta umano”, Einaudi, Lewis e Maslin ci raccontano di una grande rimozione. Datano l’antropocene al 1620, grazie al carotaggio dei ghiacci dell’Antartide. Dopo la colonizzazione dell’America del nord, 50 milioni di locali muoiono di vaiolo. Il continente si spopola e si riforesta. In conseguenza di ciò, il pianeta si raffredda e tale fenomeno è riconoscibile e ben databile appunto attraverso lo studio dei carotaggi in Antartide. È almeno da allora che l’azione umana esercita un’influenza diretta sul clima del pianeta, checche’ ne dicano i negazionisti. Ogni nostra azione va pensata come rilevante per l’intero pianeta. Ormai il 40% delle terre emerse è coperto di coltivazioni e pascoli. Un altro problema rimosso è quello del sovrappopolamento. 


Presto cosa resterà di “naturale” o, per meglio dire, esiste ancora qualcosa di naturale? il fotografo Barbieri illustra altri due progetti, che si proponevano proprio di contribuire a dare una risposta a tali interrogativi: uno riguarda gli elementi naturali in città, i parchi, e l’altro la fotografia di quattro grandi cascate in quattro continenti diversi (Niagara, Vittoria, Iguazu’, Khone Papeng Falls). Ebbene, non c’è più niente di naturale: anche quei meravigliosi ambienti sono stati trasformati in parchi per turisti. Alle cascate del Niagara di notte si spegne l’acqua e la luce. 
Si comprende, quindi, che per Barbieri il ruolo del fotografo non è solo estetico-artistico. Un fotografo fa ricerca. 
Cattaneo chiede ancora: cosa possiamo fare come individui per ridare vita ai territori che abitiamo? Per ricostruirne anche il tessuto sociale? 
Morelli dice che occorre star bene attenti ad evitare l’effetto Cassandra: sentendo prevedere sciagure, l’uomo medio si assuefa e si arrende. Invece, occorre rileggere il mondo. Un atto politico è quello di cambiare i comportamenti. In provincia di Trento c’è la regola che, tra i dipendenti pubblici, usano l’ascensore solo quelli che non hanno l’uso delle gambe. Ovviamente norme e leggi sono necessarie, ma non sufficienti. Parlare di queste cose è bene ed è importante farlo nella maniera giusta, lasciando da parte gli ecologismi della domenica. Questo è un problema sistemico di grandissima portata perché, anche se noi ci proteggessimo come una riserva, non terremmo conto di ciò che accade ai miliardi di altri abitanti del resto del mondo. Purtroppo esiste un rapporto tra povertà e distruzione del pianeta. Una delle cause principali del disastro ecologico è la povertà.
Cosa fare, quindi?
Vi sono diverse via da intraprendere subito:
  1. invocare la creatività umana per esercitare il dubbio, dire di no, fare diversamente. Tanto per cominciare, comprendere che non è vero che “di più è meglio”. Il futuro dell’evoluzione del pianeta Terra sarà culturale. Quindi tutto dipende da noi. 
  2. In una vignetta francese, dopo l’ennesimo crollo a Pompei, si leggeva:
  • Ma sai che più della metà del patrimonio culturale presente al mondo è in Italia? 
  • Sì, è il resto è al sicuro.
Ed ecco che diventa importante lavorare con gli insegnanti in modo da ristrutturare le discipline secondo un approccio geo-ecologico. Hannah Arendt, intervistata sul letto di morte, disse che la politica è parlarsi, continuare a parlarne. Parlamento, che è il luogo della democrazia, deriva da parlare. La rivoluzione siamo noi e la vera rivoluzione è prenderne coscienza. 


È arrivato il momento, sempre tanto atteso, degli interventi del pubblico. C’è chi si complimenta acutamente per la dinamicità e la luce delle foto: l’occhio si sposta continuamente tra ciò che è a fuoco e ciò che non lo è. 
Poi si evidenzia che, se tutti noi abbiamo il compito politico di intervenire su noi stessi per modificare condotte, le responsabilità sono diverse: per es. Trump ha disatteso tutti gli accordi sull’ambiente. Siamo manipolabili. Spesso siamo indotti a fare scelte che avvantaggiano pochi. 
Morelli risponde con Baruch Spinosa, “Etica more geometrico demonstrata”: “Mi chiedo perché noi esseri umani siamo così costantemente impegnati a rimanere sudditi”. Stessa cosa, grosso modo, affermata anche dalla rivista Doppio zero, con una vignetta di Altan:
  • Il governo questa volta l’ha fatta fuori dal vaso. 
  • Non preoccuparti, il popolo sposterà il vaso. 
L’influenza esiste. Siamo indubbiamente manipolabili e manipolati, ma la lingua costituisce un micidiale meccanismo di difesa. Pensiamo all’avverbio “siccome”: siccome c’è Trump, la lega, il sindaco, ecc... Tuttavia, la lingua ci regala anche la parola “nonostante”. Allora a tutti noi è rivolto il congedo, che è anche un invito, ad uscire ed andare per il mondo come “nonostantisti, non siccomisti”. È vero che esiste un problema di democrazia, ma proprio per questo è importante educare le nuove generazioni al senso critico e al pensiero razionale. 

Ciò che magistralmente sta avvenendo a Noicattaro in questi giorni, grazie al Presidio del Libro.

ALESSANDRA BUONOMO, I B LC

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