SECONDA GUERRA MONDIALE A CASTELLANA GROTTE



Negli anni si è parlato tanto della Seconda Guerra Mondiale e di come abbia inciso sulla vita quotidiana degli italiani: innegabilmente si è sentita in ogni piccolo paese della nostra penisola. Vediamo, quindi, come gli effetti della guerra abbiano stravolto la quotidianità degli abitanti di Castellana Grotte, un piccolo paese della provincia di Bari. 
Esso, fortunatamente, non ha vissuto la guerra vera e propria, ma ne udito l’eco. I fatti che mi sono stati riportati da alcuni uomini che hanno vissuto negli anni della Seconda guerra Mondiale sono tutti episodi di vita vissuta. I sei castellanesi che mi hanno raccontato la loro esperienza durante gli anni fascisti sono la maestra Pierina Lavarra, il prof. Michele Intini, il prof. Gaetano Gentile, il sig. Giuseppe Mastrosimini, il sig. Francesco Primavera e l’avv. Vito Dell' Erba. Mi è stato riferito che la vita non era facile e trovare da mangiare lo era ancora meno: c’era chi si procurava  il cibo coltivando i propri orti e dalle proprie stalle, come ci riferisce la signora Pierina, e chi invece doveva ritirare la sua limitata porzione di “pane nero” con le tessere annonarie che venivano date dal Comune. “Quando mamma tornava dall’orto, tutti le chiedevano qualcosa, e lei dava quel poco che poteva dare”, ci dice sempre la signora Pierina, che aveva solo undici anni; “I miei genitori uccidevano gli animali che avevamo nelle stalle e li mangiavamo; noi siamo cresciuti a pane, olio e quello che si trovava”. I ricordi della maestra sono gli stessi di tutti gli abitanti di Castellana, che hanno vissuto la miseria in prima persona.            
A Castellana, come in tutta Italia, il regime fascista ha avuto dei riflessi anche nel sistema scolastico: infatti, come il duce voleva, tutti i bambini dovevano indossare la stessa divisa, ovvero una maglietta nera, pantaloncini grigio-verdi e un cappello con un lungo ciaccolo (“Balilla”); mentre le bambine dovevano indossare tutte una camicetta bianca, una gonnellina nera pieghettata, una medaglietta e una cappa nera (“Piccole Italiane”). 

Vennero introdotti anche saggi ginnici in cui tutti gli alunni, sia maschi che femmine, dovevano esibirsi nella piazza o nella villa del paese in esercizi simili alla danza, davanti a tutta la folla. A scuola, ai ragazzi veniva insegnato a marciare come dei veri soldati e a montare e smontare il moschetto 91 (un tipo di fucile utilizzato durante la guerra), preparando i bambini come dei soldati.
Il prof. Michele Intini, invece, riporta alla mente le immagini di fanciulli che giravano per le strade del paese con i pantaloni strappati o rattoppati e con magliette sporche e bucate. Bisogna ricordare, inoltre, che durante la guerra a Castellana la corrente elettrica mancava il martedì e il venerdì dalle prime luci del giorno fino alle 19:00 e in quell’arco di tempo le famiglie illuminavano le case con le candele. 

“A quei tempi non tutti avevano la radio in casa e perciò le notizie venivano date da un altoparlante, che diceva sempre cose buone”, dice Michele, che ricorda le tante persone che si riunivano in piazza “Nicola e Costa” per ascoltare i comunicati del giorno.


















“Il disagio della nostra popolazione era per il razionamento dei viveri e per il lavoro piuttosto precario per alcuni, provvidenziale per altri che, invece, si arricchivano a fare il lavoro nero e la vendita delle merci a nero”, conclude la signora Pierina affermando che, quando il Duce cadde in disgrazia, loro. piccoli italiani, erano tristi perché, essendo cresciuti con quel regime, si erano affezionati ed abituati a quell’ordine che ora non c’è più.
“A Castellana non abbiamo vissuto la vera guerra e prima dell’armistizio non è avvenuto niente di importante”, ci dice il signor Michele. Ci racconta di quel giorno in cui nella contrada “San Giovanni” cadde un aereo americano, con paracaduti e altri oggetti; la gente che abitava lì vicino ne approfittò e rubò il tessuto dei paracadute, utilizzandolo come stoffa per cucire lenzuola. Prima dell’armistizio a Castellana non erano giunte forze armate, ma subito dopo nel paese delle Grotte arrivarono le truppe americane e le truppe americane indiane. Le truppe americane indiane alloggiavano, insieme ai soldati feriti, nella scuola elementare “Andrea Angiulli”, mentre le truppe americane alloggiavano nell’odierna scuola media “Saverio De Bellis”. Invece lo Stato Maggiore dell’esercito confiscava i palazzi dei notabili castellanesi come il palazzo “De Bellis”. In quest’ultimo alloggiò per un anno il comando americano e, a testimonianza del suo passaggio, lasciò un busto di Cristoforo Colombo, che rappresenta il trait d’union tra gli americani e gli italiani.
Queste truppe erano viste dai castellanesi come amiche, persone buone: infatti, i bambini chiedevano loro la cioccolata e le truppe indiane le lanciavano dalle mura; i ragazzi chiedevano anche le sigarette. Il professor Gaetano ricorda anche che i castellanesi rubavano le scarpe che gli indiani si toglievano, entrando nella sala adibita a luogo di culto. Gli americani, invece, aiutavano le persone di Castellana che chiedevano cibo, fornendo pane bianco e pizzette a loro e alle famiglie che lavoravano per loro, lavando vestiti o cose simili. Come ci riferisce la signora Pierina, i bambini adoravano questi cibi.
“Alla fine della guerra”, ci dice il professor Michele, “passò un aereo degli americani che fece cadere dei volantini dov’era scritto che la guerra era finita”. L’insegnante ci riporta anche la gioia della fine della guerra e il ricordo delle famiglie che appesero delle lenzuola bianche ai balconi, come segno di accoglienza. L’ultimo ricordo che ci è stato riportato è quello del maggio 1946, quando a Castellana ci fu un corteo grandissimo e i castellanesi fecero uscire la Madonna della Vetrana (patrona del paese) per ringraziarla per la fine della guerra.
Il fascismo a Castellana non ha lasciato molti monumenti che testimoniano la sua venuta, tranne un grande palazzo presente in piazza “Nicola e Costa”: sulla parte superiore era stata inserita la scritta “ W il Duce”, che venne in seguito cancellata.


Nonostante la scarsa costruzione di edifici propriamente fascisti, i regime segnò monumenti già presenti con il suo stemma, come ad esempio il cancello della villa comunale “Tacconi”, dove accanto allo stemma di Castellana ci aggiunsero lo stemma fascista.
Marcarono anche la scuola media “Saverio De Bellis” aggiungendo, insieme al loro stemma, la scritta “ Credere, obbedire, combattere”, che venne cancellata in seguito.

Insomma, nonostante Castellana non abbia vissuto la guerra in prima linea, questa ha lasciato segni indelebili nella storia, nei cuori e nelle memorie dei castellanesi. 

Roberta Gallo, II C LC

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